Trapani, giugno 1991
 
IL DELFINO IN TONNARA di Ninni Ravazza
 
La tonnara viene sempre accomunata ad immagini cruente di tonni uccisi e uomini sporchi di sangue che arpionano i pesci rinchiusi nella camera della morte. La tonnara è anche questo, ma non solo; l'uccisione dei tonni, la mattanza, per quanto crudele, trova giustificazione in un'attività antica e ricca di tradizione e cultura che assicura lavoro e guadagno a centinaia di famiglie, ma non è mai spettacolo crudele fine a se stesso, violenza gratuita. A di là del momento della pesca, quando la preda non è la vittima obbligata da sacrificare ad una vita di stenti, il rapporto fra uomo pescatore ("tonnaroto") e la Natura è improntato al massimo rispetto, come dimostra quanto è avvenuto nel mese di giugno del 1991 nella tonnara siciliana di Bonagia, nei pressi di Trapani, che con una media di 1.300 tonni catturati a stagione è ancor oggi la più produttiva del Mediterraneo italiano. Il racconto è la cronaca fedele dei fatti, vissuti personalmente dall'autore, che dal 1984 collabora con i rais siciliani nelle campagne di pesca al tonno.
Quella mattina, eravamo nel pieno della stagione di pesca, accadde una cosa che sarebbe incredibile se a confermarla non ci fossero i sessanta tonnaroti di Bonagia. Tre giorni prima, poco dopo l'alba, i pescatori appena arrivati in tonnara dopo quasi un'ora di navigazione trovarono un giovane delfino che si aggirava nelle "camere" di levante; nella notte si era separato dal resto del branco - che ora nuotava nervoso appena fuori dal recinto di reti e cavi che costituisce la trappola per i tonni - per inseguire una boga o qualche altro pesciolino da mangiare, ed era finito dentro le reti senza riuscire a ritrovare la libertà.
Il delfino prigioniero (probabilmente un Delphinus delphis) nuotava disperato cercando l'uscita, ed il resto del branco continuava ad aspettarlo dall'altra parte della rete; decine di musi appuntiti spuntavano continuamente dall'acqua, e occhi intelligenti fissavano galleggianti e pescatori, come aspettando un aiuto. Per tutta la giornata il delfino continuò a nuotare in tondo cercando un varco, senza che il resto del branco si allontanasse di un metro. "Andiamocene, stanotte troverà la strada per la libertà", disse il saggio rais Mommo Solina, lasciando la tonnara per tornare a terra.
La mattina dopo i tonnaroti erano sicuri che il branco navigasse già oltre le isole Egadi, dove il mare è blu come il cobalto; invece il giovane delfino era ancora là, fra le reti, e il branco pochi metri più a tramontana, sempre in attesa del compagno. Già da lontano i più giovani tra i tonnaroti riuscivano a scorgere le schiene e le pinne che apparivano a tratti sulla superficie immobile del mattino.
I tonnaroti fecero quello che era possibile, tagliarono qualche metro di rete per indicare la via della libertà al delfino, i sommozzatori gli nuotarono accanto per accompagnarlo oltre la trappola, ma tutto fu inutile, il delfino arrivava fino al lato della tonnara, poi tornava indietro intimorito dalla rete. A sera i pescatori se ne tornarono a casa salutando la tonnara e anche il loro piccolo amico. Il branco era sempre lì, da due giorni non si allontanava nemmeno per ricercare il cibo. La mattina del terzo giorno da lontano nessuno vide la pinna del delfino aggirarsi tra cavi e galleggianti - "Brutto segno" disse il rais - mentre il branco girava impazzito appena fuori dalla tonnara; varcato il "sommo" di levante, i pescatori lo videro subito: il delfino era tutto imbrogliato in un lembo di rete che galleggiava, "poverino" dissero e si prepararono a recuperarne il corpo, ma non appena lo afferrarono si accorsero che respirava, era ancora vivo, stremato per i tentativi di liberarsi ma vivo.
Non ci fu bisogno di ordini, in un baleno il giovane delfino venne liberato dalla rete e portato delicatamente fuori dalla tonnara, braccia possenti, abituate a tirare a bordo dei "vascelli" tonni da 300 chili, lo mantennero in superficie finché i muscoli non ripresero tono, lo cullarono carezzandolo sulla schiena e sulla testa. Il branco gli fu immediatamente attorno, lo accompagnò nei primi metri della ritrovata libertà, poi tutti insieme fecero un veloce giro attorno alle "muciare" della tonnara, e infine sparirono nel mare blu. Sembra una bella favola, invece è la ricostruzione fedele di una splendida avventura.
 
Il brano è compreso nel libro "L'ultima muciara. Storia della tonnara di Bonagia" di Ninni Ravazza, Maurici Editore, Trapani 1999 e 2000 (II edizione) - per concessione dell'autore, che i curatori del sito ringraziano vivamente.